La tenda in cui amava vivere lo ha sempre aiutato a diffondere un'immagine di sé agli antipodi rispetto a quella di un uomo d'affari in giacca e cravatta. Eppure, dopo la sua morte, si scopre che Muammar Gheddafi aveva esportato una montagna di soldi e potrebbe essere stato addirittura il dittatore più ricco del pianeta sommando il valore di conti correnti, proprietà immobiliari, riserve d'oro e investimenti societari disseminati in mezzo mondo.
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Stando a quanto ha scritto il Los Angeles Times, che utilizza fonti anonime dell'amministrazione libica, infatti, il tesoro trafugato all'estero dal Colonnello durante i 42 anni trascorsi alla guida della Libia, tra il 1969 e il 2011, potrebbe essere pari alla cifra monstre di 200 miliardi di dollari, pari a circa 144 miliardi di euro.Tanto per avere un'idea, con questa somma il governo italiano avrebbe potuto fare quasi tre manovre economiche come quella di Ferragosto (una delle più pesanti di sempre). Oppure, ancora, stiamo parlando di oltre il 7% del valore del nostro Prodotto interno lordo.
La cifra svelata dal Los Angeles Times è circa il doppio di quanto ipotizzato fino a oggi dai governi occidentali. Ed è due volte il volume globale annuo dell'economia del Paese prima della guerra in Libia, una nazione in cui circa un terzo della popolazione vive in condizioni di povertà. La stessa amministrazione Obama, ricorda il quotidiano statunitense, si era detta "sorpresa" la scorsa primavera, quando aveva scoperto che tra conti bancari e investimenti libici, solo negli Stati Uniti, erano depositati ben 37 miliardi di dollari.
Altri governi, in particolare in Francia, Italia, Gran Bretagna e Germania, avevano messo le mani su altri 30 miliardi di dollari circa. E gli investigatori avevano stimato poco più di altri 30 miliardi in giro per il mondo. Da qui, la cifra complessiva prevista fino a qualche giorno fa di circa 100 miliardi di dollari.
Se il valore di 200 miliardi di dollari sarà confermato, c'è da aspettarsi una dura battaglia legale tra chi è interessato a mettere le mani sul malloppo. Le autorità americane ed europee, venerdì scorso hanno dichiarato di essere intenzionate a sbloccare i beni congelati per consegnarli al governo libico di transizione. Ma fino a questo momento, sottolinea il Los Angeles Times, le Nazioni Unite hanno autorizzato la restituzione di soli 1,5 miliardi dai conti aperti negli Usa e l'amministrazione Obama ha girato 700 milioni di questa cifra.
Alcune nazioni africane, inoltre, sono state particolarmente riluttanti a congelare i conti bancari libici a causa della loro lealtà nei confronti del dittatore. E altre temevano che, bloccando questi asset, avrebbero potuto danneggiare le proprie economie. Insomma, la questione è complessa e c'è da aspettarsi una lotta fino all'ultimo centesimo da parte dei moltissimi attori coinvolti.
Da un punto di vista formale, gran parte dei soldi è intestata a istituzioni libiche, come la Banca centrale, l'Autorità nazionale per gli investimenti, la compagnia petrolifera del Paese. Secondo gli investigatori, però, tutto questo denaro era a disposizione in qualunque momento di Gheddafi e dei suoi familiari.
Nel corso della sua vita, come è noto, il dittatore aveva scelto di puntare una parte del proprio capitale anche nel nostro Paese e in altre nazioni occidentali. Tra questi investimenti vanno menzionati almeno quelli nella Juventus [segui le quotazioni] e nella banca Unicredit [segui le quotazioni], così come nella società britannica Pearson, proprietaria del prestigioso quotidiano Financial Times.
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